Collaborazione occasionale e tutor dell’apprendimento

Chiedersi cosa voglia dire diventare Tutor dell’Apprendimento, si trascina dietro come domanda cosa bisogna fare a livello fiscale e che cosa comporta diventare professionisti dell’apprendimento. La prima soluzione che di solito viene prospettata è quella della Collaborazione Occasionale.

Di KATIUSCIA COSCO

Chiedersi cosa voglia dire diventare Tutor dell’Apprendimento, si trascina dietro come domanda cosa bisogna fare a livello fiscale e che cosa comporta diventare professionisti dell’apprendimento.

La prima soluzione che di solito viene prospettata è quella della Collaborazione Occasionale. Sicuramente può essere un metodo che può servire per incominciare, ma occorre fare molta attenzione a ciò che questo comporta. La parola “occasionale” si porta dietro altri due termini estremamente importanti “saltuario” e “sporadico”. Essi si contrappongono a quanto prevede la normativa in materia di partita IVA, e le caratteristiche che si porta dietro, vale a dire abitualità e professionalità.

L’istituto, così come previsto dal Codice civile all’articolo 2222, prevede la “non abitualità” della prestazione. Ciò vuol dire che, se essere Tutor dell’Apprendimento è l’obiettivo per una professione, la collaborazione occasionale non è la soluzione adeguata. Il rapporto che si viene a creare con il committente, in molti casi la famiglia del Tutee, deve comportare la completa autonomia del collaboratore riguardo la gestione del lavoro e quindi in termini di tempi, orario di lavoro, modalità di esecuzione. A questo bisogna affiancare il carattere del tutto occasionale dell’attività. Le suddette premesse devono far riflettere sull’utilizzo di questo tipo di collaborazione.

Ma nella pratica cosa comporta istituire una collaborazione occasionale?

Questo tipo di contratto prevede che nell’arco di un anno civile si possano conseguire compensi per un importo non superiore a 5000 euro e comunque non più di 2500 euro verso uno stesso committente. Tale prestazione è soggetta a una ritenuta d’acconto del 20% che il Tutor si vedrà decurtato dall’importo lordo richiesto, in quanto il versamento all’erario è a carico del committente. I compensi percepiti vanno poi dichiarati come redditi diversi, ex art. 67, co. 1, lett. l del TUIR, cioè nel quadro della dichiarazione dei redditi per i compensi che non richiedono il possesso della partita IVA. Sulla ricevuta che viene rilasciata, laddove superi la cifra di 77,47 euro, deve essere apposta una marca da bollo di 2 euro.

Il tutor dell’Apprendimento, il più delle volte, si trova a lavorare e quindi prestare il proprio servizio nei confronti di una famiglia e dunque di un privato. In questo caso, rimanendo fermi i vincoli relativi ai compensi lordi, si crea un modo diverso di gestione della ritenuta d’acconto. Le prestazioni tra privati non prevedono, infatti, l’applicazione della ritenuta del 20%, in quanto la famiglia non è identificabile come sostituto d’imposta, cioè soggetto che si possa interporre tra il Tutor e il Fisco. Per questo motivo i compensi che si incasseranno non saranno al netto della ritenuta, bensì al lordo della stessa.

È bene, nel mettere in piedi una collaborazione di questo tipo, prevedere un contratto da cui si evincano i dati delle parti (sia del committente che del prestatore d’opera) e il dettaglio della prestazione che verrà svolta. È anche molto importante l’indicazione chiara del periodo in cui si svolgerà la prestazione. Inoltre, è fondamentale sottolineare il fatto che la collaborazione ha carattere temporaneo e che esclude la presenza di subordinazione tra prestatore e committente.

La prestazione occasionale di cui si parla nel presente articolo, si riferisce al Tutor dell’Apprendimento in quanto tale. Occorre prestare estrema attenzione se tale attività viene svolta da professionisti iscritti ad Albi che devono adeguarsi alla normativa prevista dalla propria professione tanto più se già in possesso di Partita IVA. Si sottolinea inoltre quanto sia importante non considerare la collaborazione occasionale una possibilità alternativa all’apertura di una partita IVA e quanto sia indispensabile rispettare i limiti e le condizioni previste.

È infatti di estrema importanza ricordare che l’esercizio abituale della professione comporta l’apertura di una partita IVA, eventualmente, se ne esistono le condizioni, aderendo al regime forfettario, di cui si parlerà in un prossimo articolo.

Presentazione

 Inizio il mio percorso professionale nel 1988. Supero l’esame di Stato di ammissione all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili e nel 1994 diventa Revisore dei conti, Curatore Fallimentare e Consulente aziendale prestando consulenza presso diverse aziende della Provincia di Torino.

Nello stesso anno, inizio a collaborare con alcuni Enti Professionali insegnando materie economico-fiscali, collaborazione in essere fino al 2021. Apro il proprio studio professionale e, oltre ad occuparmi di imprese individuali e società, collaboro con diverse Associazioni Culturali con curvatura nell’ambito musicale, seguendone l’aspetto fiscale.

Laureata in Scienze dell’Amministrazione e Consulenza del lavoro, nel 2019 approfondisco il piano formativo-pedagogico frequentando il corso per “Tutor DSA” al fine di mettere a punto la sua preparazione per seguire i ragazzi e le ragazze con difficoltà nell’apprendimento con particolare attenzione per le materie giuridico-economiche.

Nel settembre 2021 apro un centro volto ad aiutare ragazzi che per qualsiasi difficoltà sono a rischio di dispersione all’interno della stessa scuola e per seguire dal punto di vista amministrativo e fiscale tutti coloro che si affacciano per la prima volta al mondo delle professioni legate alla formazione.